“Nasce tutto da una vacanza in Andalusia: il progetto del Ruz Cucina Confidenziale inizia a maturare da un’idea di ristorazione, non scontata, che puntasse a premiare in primis i prodotti locali, attraverso la filiera corta, mantenendo alta la qualità. Pensi che gli unici tre elementi estranei al territorio sono la piada della Lella – che arriva fresca da Rimini -; il pane Carasau – sardo – e il macinato, per gli hamburger, di Mora romagnola”.
Luca Manzo, 37 anni, riccionese, laurea in Storia – figlio del dottor Antonio Manzo, chirurgo e senologo molto conosciuto, e di Gerardina (Gerry) D’Innocenzio, stimata professionista e attivissima nel mondo del volontariato – risponde da Polignano a Mare, gioiello turistico che affaccia sul mare della Puglia barese, in uno dei pochi momenti di pausa dal ristorante.
“Un’avventura iniziata due giorni avanti il primo lockdown da Covid-19: era il mese di marzo del 2020. Io e i miei due soci – Cosimo Teofilo già titolare della Casa del Mojito qui a Polignano e Sergio Mannu – ci siamo mossi con calma per preparare al meglio il locale. Il Ruz ha un arredo fenomenale. Ogni cosa è fatta su misura: panche, porte e lampadari inclusi”.
Perché la scelta di Polignano?
“La sua spiaggia è un’icona riconoscibile ovunque. Una cartolina fotografata migliaia e migliaia di volte. Io mi trovo bene qui. Vado d’accordo con gli altri e qua mi hanno accolto come fossi di famiglia. Polignano poi può vantare su una stagione piena a partire dal 1° aprile: minimo sono 7 mesi in cui si lavora alla grande. Certo, rispetto ad altre località è un po’ più cara ma quest’aspetto contribuisce a selezionare i turisti e la clientela. Arrivano tanti americani, canadesi, francesi, olandesi, australiani con buona capacità di spesa. Non mancano i locali, perché il Ruz è aperto 11 mesi l’anno”.
Come vi siete divisi i compiti?
“Cosimo si occupa della cucina, dello studio dei piatti e della preparazione del menu (non troppo ampio) in cui, ad esempio, figurano tre hamburger gourmet a base di Mora romagnola, pollo e e agnello. Mentre io e Sergio seguiamo la sala, la carta dei vini – disponiamo pure di un’ottima carta dei cocktail – e siamo a contatto diretto con chi siede a tavola”.
Americani e stranieri in genere dimostrano di apprezzare i prodotti locali della filiera corta? Pure nei vini?
“Abbiamo deciso di privilegiare le piccole cantine tuttavia non possiamo esimerci dal tenere pronte etichette blasonate che arrivano dal Chianti e dalle zone vocate al Barolo. Bottiglie che i turisti esteri richiedono e bevono volentieri”.
Una differenza sostanziale del Ruz rispetto alla ristorazione più tradizionale?
“Non vorrei apparire troppo abrasivo però una sottolineatura è d’obbligo. I clienti non sono numeri. Il cliente del Ruz è al centro del nostro modello di ristorazione: deve e vuole sentirsi a suo agio, trovare comfort e, soprattutto, mangiare cose buone: dalla qualità non si prescinde. Ciò è un aspetto che molto spesso sfugge alla determinazione dei gestori e dei proprietari nei ristoranti e nei locali in genere. Il rischio è quello, una volta usciti dalla porta, di perderli per sempre”.
Il Ruz nel frattempo accresce la sua visibilità sui Social e strappa consensi. C’è chi, in vista delle vacanze, azzarda addirittura una tappa obbligata: l’indirizzo, se vi è sfuggito, è via Roma 75: proprio nel cuore del borgo “sospeso” sull’acqua.